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Encore une fois….Noël!
Mes meilleurs vœux pour un Bon Noël et pour la nouvelle année avec une présentation classique et un petit dessin animé…. et enfin notre chanson préférée !!!
Bonne rentrée
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Napoleone a Bologna
Una crisi annunciata
Il 10 maggio 1796 Napoleone sconfiggeva gli Austriaci a Lodi, arrivava a Milano il giorno 14, dopo pochi giorni oltrepassava il Po e, percorrendo la Valle Padana, entrava da conquistatore in tutte le città emiliane, nelle quali la popolazione era divisa tra l’entusiasmo per i <<liberatori>> e l’apprensione a causa delle voci che precedevano l’armata a proposito dei pesanti tributi di guerra che i Francesi avevano l’abitudine di imporre ovunque. Il Senato bolognese, preoccupato da queste voci e dalla mancanza di istruzioni da Roma, ma ancor più dal timore dei suoi membri di perdere, accanto agli antichi privilegi, anche i propri patrimoni familiari, il 10 maggio aveva inviato a Napoleone una delegazione, composta dai Senatori Giuseppe Malvasia e Carlo Caprara e dall’ avvocato Giacomo Pistorini. Scopo di questa era di intavolare trattative coi comandanti francesi sull’argomento delle contribuzioni di guerra con la speranza di ammorbidire le pretese degli invasori anche mediante un’accoglienza amichevole. Caprara e Malvasia erano autorizzati a trattare perché l’entrata in città delle truppe francesi avvenisse in modo pacifico,
e in particolare per la minor contribuzione possibile, ove non venga fatto di evitarla, e perché poi questa per rapporto a noi almeno non comprenda né grani, né bestiami, né foraggi, de’ quali é essa <Bologna> scarsissima, e in caso di passaggio, sia questo fuori di città, e con que’ metodi, che […] siano i meno gravosi.
Notizie allarmistiche provenivano da Piacenza e Milano ove si diceva che i Francesi avessero requisito il denaro delle casse delle città e tra i cittadini bolognesi cresceva la preoccupazione per le somme investite o depositate, tanto più che il Senato aveva richiesto a Roma di poter ipotecare ed obbligare in caso di bisogno i <<Beni delle Chiese, Ecclesiastici e dei Luoghi Pii >>.
Anche le autorità cittadine erano incerte sul da farsi, e il nervosismo in città cresceva, tanto che il 21 maggio il legato fece affiggere un Editto in cui si chiedeva alla popolazione di trattare da amiche le truppe francesi che era ormai certo sarebbero giunte, e in cui si minacciavano <<le pene più rigorose, ed anche di morte> nei confronti dei trasgressori.
Nel frattempo era giunto a Bologna da Roma un plenipotenziario del Papa, il cav. Nicola Azara, che si stava recando a Milano per trattare coi Francesi a nome dello Stato Pontificio, e vennero perciò richiamati i senatori già inviati a Modena in missione presso Bonaparte. Il Generale aveva ricevuto cortesemente gli emissari del Senato, aveva ricordato il sacrificio di Zamboni e De Rolandis, ma era stato inflessibile a proposito delle spese di guerra. I delegati riportarono dall’incontro l’impressione che il <<prezzo della libertà>> di Bologna sarebbe stato alto e che occorreva prepararsi a versare almeno un milione di scudi.
Il Senato progettava di pagare le contribuzioni mediante la vendita dei beni degli istituti ecclesiastici e, in attesa dell’autorizzazione papale, richiesta tramite l’ambasciatore Angelelli, emissari più o meno discreti vennero inviati, con l’autorizzazione del cardinale arcivescovo Gioannetti, nelle chiese e nei conventi di Bologna per valutare la consistenza degli argenti che vi si trovavano, stimata dalle stesse autorità ecclesiastiche in un milione di Lire bolognesi dell’epoca.
18 giugno 1796: arrivano i Francesi
Nella riunione del Senato del 18 giugno 1796 i magistrati diedero notizia <<dell’inaspettato avvicinamento <sic!> a questa città delle truppe francesi giunte questa mattina a Crevalcore>>, ma dopo questo avviso la riunione proseguì come se nulla fosse, trattando di ordinaria amministrazione sinché arrivò un messaggero di Napoleone ad informare che il giorno seguente sarebbe giunto l’esercito.
La mattina del 19 giugno i Bolognesi trovarono affisso ai muri un editto del Cardinale Legato che avvisava la popolazione dell’arrivo delle truppe francesi e chiedeva ancora una volta di <<trattarle come amiche>>. Quel giorno arrivò in Bologna il generale Augereau col grosso dell’armata francese (settemila uomini laceri, stanchi e affamati e con pochi pezzi di artiglieria) e nella notte giunse anche Bonaparte, che prese alloggio nel Palazzo Pepoli con gli ufficiali del suo Stato Maggiore. L’indomani Napoleone ricevette a palazzo il Senato a cui disse che <<intendeva restituire alla città la sostanza del suo antico Governo>> e che perciò, abolita ogni autorità del dominio pontificio e in attesa di una nuova Costituzione, tutto il potere era da quel momento concentrato nelle mani del Senato in carica; al Cardinale Legato venne intimato di partire immediatamente per Roma. L’antico Senato bolognese era il solo che potesse mantenere la calma in città e potesse fare accettare le contribuzioni.
Fu così che Napoleone usò la tradizione autonomistica di Bologna per trarre dalle sua parte il Senato, lasciandogli una parvenza di libertà in cambio di uomini e mezzi per la guerra. Da più parti infatti si trova scritto che le contribuzioni sofferte dalla città altro non furono se non <<prezzo di libertà>>, per recuperare quell’indipendenza di cui Bologna aveva goduto veramente solo nell’ormai lontana età comunale.
Dal 20 giugno ogni ordine di Bonaparte e dei suoi generali venne emanato dal Senato che se ne assunse la responsabilità legittimandolo di fronte al popolo. Bonaparte aggiunse anche che <<essendo la città conquistata, avrebbe da lei aspettate varie requisizioni>> e che a suo parere sarebbe stato compito del Senato notificare al popolo e raccogliere le contribuzioni: così, paradossalmente, fu lo stesso Senato di Bologna ad ordinare di « spogliare » Bologna. Nella stessa giornata vennero rimossi gli stemmi pontifici dai palazzi pubblici, venne sospeso il Sant’Uffizio ed ebbe inizio la spoliazione con l’asporto dai loro siti originari di una serie di opere d’arte e preziosi volumi di cui i Francesi avevano un elenco preventivamente compilato sulla base delle relazioni dei viaggiatori del <<grand tour>>: fu lo stesso Bonaparte a richiedere al Senato che ai suoi commissari <<venisse dato il comodo di osservare e raccogliere gli oggetti delle Belle arti>>. Furono requisiti preziosi materiali dall’Istituto delle Scienze, le Biblioteche di S. Domenico, del S.Salvatore, di S. Lucia.
Non rientravano nei quattro milioni le requisizioni di opere d’arte, di tutte le armi da fuoco e le attrezzature militari e il sequestro delle casse pubbliche <<per diritto di conquista devolute>> alla Repubblica Francese. Più tardi Bonaparte ordinò la costituzione di forze armate a spese della città e il versamento di un tributo annuale alla nazione francese pari a quello un tempo versato al Papa.
Vennero inoltre requisite tutte le merci di provenienza inglese ferme alla dogana di Bologna, con il pretesto che provenivano da un Paese nemico. Per tutta l’estate il comando francese continuò a chiedere sempre nuove forniture di merci (vennero ad esempio chieste ai calzolai bolognesi settemila paia di scarpe per i soldati).
testo di Daniela Camurri, da « Una città senza difese », in « Per diritto di conquista » a cura di Angelo Varni, Bologna, Il mulino, 1996.
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